30/10/12

Elezioni in Sicilia, Partitocrazia verso il tramonto

Il dato più rilevante che esce dalle urne siciliane è la chiara posizione di più del 70% degli elettori dell'isola che si sono schierati contro i partiti. Se consideriamo, infatti, l'elevatissimo astensionismo e le preferenze ottenute dal Movimento 5 Stelle, da Rivoluzione Siciliana e dai Forconi è facile prendere atto di questa netta presa di posizione dei siciliani, specchio fedele dello stato d'animo nazionale.

Rivoluzione Siciliana, neonata compagine politica resasi protagonista di una vivace e battagliera campagna elettorale, pur tra mille difficoltà e con una scarsa copertura sui media nazionali e locali, ottiene più di 25.000 voti con il suo candidato presidente e quasi il 4,5% nella provincia di Messina.

Il rammarico principale proviene dalla constatazione che non è stato possibile capitalizzare, e non certo per nostre responsabilità, un patrimonio costruito con la lotta - nelle piazze, in alcuni settori della società civile e all'interno dell'Assemblea Regionale - che avrebbe potuto far sentire la propria presenza in modo più evidente. Ciò non toglie, però, che ciò non possa verificarsi in un prossimo futuro, specie considerando la prevedibile ingovernabilità a cui la Sicilia pare destinata.

Guardiamo quindi positivamente ai prossimi passi che questa giovane alleanza, che raggruppa Sicilia Vera, Forza Nuova e parte del primo Movimento dei Forconi, vorrà fare; il nostro obiettivo, infatti, è convincere quella metà dei siciliani che non si sono presentati alle urne che un cambiamento è possibile solo con proposte serie e radicali e non con la demagogia grillina o con il consueto, e mafioso, modus operandi della partitocrazia, oggi minoritaria, formata da maggioranza e opposizione, facce ormai logore della stessa medaglia.

FORZA NUOVA
Segreteria Nazionale
Ufficio stampa


07/10/12

"Alla vigilia della campagna elettorale tutti già uomini politici cominciano con le promesse.
Un capo legionario non prometterà se quello che noi possiamo fare. Noi non promettiamo danaro, non promettiamo acquavite, non promettiamo cariche. Noi non compriamo col danaro gli animi umani.
Un capo legionario dirà: Non promettiamo denaro, ma promettiamo giustizia.
Non promettiamo di fare qualcosa per te, ma promettiamo di agire, di lottare per la nostra terra.
Chi vuole lottare per la giustizia e per l'onore del paese, chi vuole agire per la sua terra, chi vuole sacrificarsi accanto a noi, venga con noi.
Sarà bene così? Sì. Sì, perché le cose vanno in un paese come in un podere. Se in un podere c'è terra buona, ricca, dotata di tutto ciò di cui un podere ha bisogno, ma il massaio non è solerte, è scialacquatore, beve tutto quanto possiede, litiga tutto il giorno, allora il podere andrà in rovina, e i suoi figli se la passeranno molto male. Saranno anch'essi dei poveri diavoli affamati. Ma se a quel massaio succede un uomo onesto, lavoratore, diligente? In breve il podere fiorirà e tutti i figli fioriranno anch'essi come peonie.
La nostra terra non è forse anch'essa un podere, con terra buona e ricca? Con tutto quanto le abbisogna? E noi Romeni non siamo i figli del podere? E non siamo ora poveri diavoli affamati? Quando però cambieremo il podere, allora non saremo più così. E questo lo farà la Legione. Essa cambierà il podere, cioè i governi dei partiti, e costituirà un governo legionario.
Questa è l'unica promessa che il legionario fa alla vigilia delle elezioni e sempre."


[Capo di Cuib - punto 42]